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Fontana: «L’e-bike richiede anche una certa preparazione»

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Marco Aurelio Fontana è per i più è una colonna della storia della mountain bike italiana, grazie soprattutto al bronzo conquistato ai Giochi Olimpici del 2012 a Londra. Ma l’atleta di Giussano è stato anche un pioniere delle -bike, alle quali si è dedicato completamente appena ha deciso di chiudere con l’attività agonistica. Il lombardo ne ha intravisto le grandi possibilità soprattutto sul piano della pura pratica, della diffusione del gesto. Insomma, dell’evoluzione del cicloturismo adattato anche a chi non vuole o non può allenarsi tanto.

Tutto questo prima del Covid: «Mi sono avvicinato alle bici elettriche nel 2019, attraverso un progetto specifico teso all’uso di questo nuovo veicolo per farne un volano di promozione del ciclismo. Mi è piaciuta subito e subito ho visto che aveva grandi possibilità nel campo turistico come in quello agonistico, perché sono andato al di là della pura apparenza e ne ho colto lo spirito che implica anche un concetto che sembra in antitesi: la fatica».

Sfatiamo subito un mito: con la -bike si suda…

La bici a pedalata assistita nasce per aiutare, è uno strumento che spinge verso il ciclismo chi prima non lo avrebbe contemplato, ma non è un motorino, questo va chiarito. Anzi, in certi casi la -bike chiede al fisico uno sforzo suppletivo.

In quale misura?

Su una salita ripida il motore dà una ritmata cadenza di pedalata e in questo modo i battiti del cuore aumentano anche più che usando una bici muscolare. Faccio un esempio: se in salita procediamo con 300 watt di potenza, il cuore sarà a 50 pulsazioni utilizzando una bici normale; con l’-bike sempre spendendo 300 watt avremo il cuore a 90 pulsazioni perché la cadenza, coadiuvata dal motore, è più elevata, quindi anche dal punto di vista cardiaco c’è più lavoro ma anche più benefici. L’-bike ha l’indubbio pregio di portare a pedalare chi non lo faceva e soprattutto di porlo davanti a situazioni che non avrebbe affrontato. Terzo, mi piace pensare che consenta di vedere posti che altrimenti non avrebbe visto…

Vedi l’E-bike come uno strumento per gente avanti con l’età?

Assolutamente no, non ha un tempo definito, tanto è vero che, come dimostrano le ricerche di mercato, sono tantissimi i ragazzi da 18 a 20 anni che hanno acquistato una bici a pedalata assistita per le loro escursioni con gli amici, per qualche gara e magari alcuni di loro passeranno anche alla bici muscolare. Io conosco tanti ragazzi di 15 anni che vengono con me con la loro E-bike e mi dicono sempre che si fatica molto più di quanto si pensi anzi faticano più di me che vado con la semplice Mtb.

E-bike per la strada o l’off road?

Io nasco biker e uso soprattutto quella per fuoristrada, ma in entrambi i casi è uno strumento valido. Bisogna però intenderci su un punto: non è che annulla ogni sforzo, quindi bisogna allenarsi anche per l’E-bike. Anche perché rispetto alle bici normali ha un limite di velocità a 25 chilometri l’ora quando si aziona il motore, inoltre è una bici molto più pesante rispetto a quelle normali e questo quando si pedala si sente.

La consiglieresti come strumento di tutti i giorni?

Certamente, in tanti Paesi ormai le E-bike sono diffusissime come mezzi per andare al lavoro, a scuola, per muoversi anche in città. Se pedali in pianura o in leggera collina, non serve allenarsi tanto, lì il motore interviene e agevola, ma l’-bike richiede una guida più fisica. Io più che di allenamento parlerei di costanza nella pratica: allora diverrà un’inseparabile compagna della propria quotidianità.

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