Negli ultimi decenni, Finale Ligure e la sua Finale Outdoor Region si sono affermate come una delle destinazioni più ambite per gli appassionati di mountain bike, attirando rider da tutto il mondo. Grazie a un territorio unico, un’infrastruttura outdoor ben sviluppata e una comunità di operatori appassionati, il Finalese è diventato un punto di riferimento per chi cerca esperienze autentiche su due ruote.
Ma qual è il segreto di questo successo? Come funziona il modello che mette in rete strutture, biker e manutenzione dei sentieri? Ne parliamo con Enrico Guala, direttore marketing del Finale Outdoor Region, per scoprire il dietro le quinte di una realtà che continua a evolversi, espandendo il proprio comprensorio e innovando l’offerta turistica, anche grazie a collaborazioni strategiche come quella con Repower.
- Ci racconti come Finale Ligure è riuscita ad affermarsi come “la” bike destination italiana?
Non so se Finale Ligure e la Finale Outdoor Region siano “la” bike destination italiana, ma fa piacere sentire che la fama del Finalese sia così affermata. Il territorio del Finalese che presenta una catena montuosa e collinare, valli ed altipiani, vette fino ai 1.400 mt che si affacciano sul mare, è un playground ideale, disegnato dalla natura e plasmato dalla presenza dell’uomo per oltre 300.000 anni. L’eredità è un territorio ricco di sentieri che collegano valli, borghi e altipiani, un’infrastruttura ideale per il turismo outdoor che può percorrere quelle che erano le antiche vie di comunicazione per esplorare e gioire delle meraviglie paesaggistiche e naturali. Qui, per mano di un piccolo ma motivato gruppo di imprenditori, è iniziato negli anni 90’ uno sviluppo turistico che ha guardato con attenzione ed amore all’entroterra, alle sua falesie e sentieri che salgono e scendono da vette sino a 1.400 mt slm che guardano al Santuario dei Cetacei, uno dei più incontaminati angoli di Mare Ligure. Partendo dalla pulizia e cura dei sentieri, l’organizzazione di eventi sportivi e festival e andando a comunicare ad un target ben specifico, gli animatori del finalese hanno dato il via ad una vera e propria rivoluzione che oggi vede molti proseliti ma che mantiene il Finalese in prima posizione tra le destinazioni europee per la Mountain Bike.
- Ci spieghi come funziona il circolo virtuoso che mette a sistema strutture, biker e manutenzione dei sentieri?
Con la grande crescita dei flussi era indispensabile trovare un sistema che potesse intercettare una piccola parte della spesa che i turisti outdoor fanno sul territorio per poterla reinvestire nella cura e manutenzione del territorio stesso. Con la nascita del Consorzio FOR (Finale Outdoor Region) gli operatori che desiderano accogliere e lavorare con i turisti outdoor hanno dato vita ad una struttura che persegue gli obiettivi comuni, in modo organizzato e strutturato, e che si è dotato di strumenti di finanziamento per potere portare avanti la propria mission. Tra questi la FOR YOU CARD è una loyalty card che i praticanti acquistano al loro arrivo in destinazione e che utilizzano in una rete di oltre 350 punti convenzionati, ricevendo punti e vantaggi, ma soprattutto generando un cash-back dagli operatori che viene reinvestito nella manutenzione dei sentieri e del territorio. Un modello simile a quello delle stazioni sciistiche ma dove la funzione dell’operatore che gestisce gli impianti di risalita e investe nella manutenzione delle piste, è sostituita da un’aggregazione di imprese che hanno un obiettivo comune. - A proposito di trail, in che modo avviene la loro messa a sistema?
Come dicevamo, abbiamo una vasta rete sentieristica e alcuni di questi sentieri sono stati adattati, per essere percorribili in Mountain Bike sin dagli anni 90 e, da una decina di anni a questa parte, con le bici a pedalata assistita. I biker locali, proprio come fecero i climber con le vie di arrampicata, individuano, riportano alla luce e adattano sentieri abbandonati che presentano delle caratteristiche ideali per essere percorsi in bici e rendere l’esperienza la più divertente possibile. Per parafrasare le parole di uno dei più proficui ed importanti Trailbuilder del finalese, Fulvio Balbi, andare in bici è un po come surfare una grande onda o disegnare una curva perfetta in neve fresca. D’altronde non dimentichiamoci che la Mountain Bike nasce in California negli anni 70, culla della emergente cultura del surf con cui condivide la libertà di espressione e il “flow”.
- Rider italiano e rider straniero: ci sono gusti o esigenze diverse? Come stanno cambiando questi utenti?
In generale il rider straniero apprezza il mix di esperienze che fa in Italia mentre l’italiano in un certo senso vi è più abituato. L’unione di sport, cultura, enogastronomia, storia, mare e monti, piccoli ristoranti a conduzione familiare nell’entroterra, aperitivo su una delle spiagge che si fregiano della Bandiera Blu è difficilmente replicabile altrove. E gli stranieri adorano questo mix.
- Perché avete scelto Repower come partner? Cosa vi aspettate da questa collaborazione presentata alla fiera TTG ‘24?
Come dicevamo, la Region è molto ben posizionata in ambito Mountain Bike, siamo scelti da atleti, team, aziende, turisti che vengono da tutto il mondo per i nostri sentieri, servizi e per quella “vibe” che si respira qui. Ma il territorio ha molto da offrire anche a chi lo vuole percorre in modo SLOW, girovagando tra alcuni dei Borghi più Belli d’Italia, esplorando una valle dell’entroterra al fresco di faggi secolari, collegando, con bici a pedalata assistita, il mare e l’entroterra in un’esperienza che è visiva, olfattiva e di gusto. Percorsi che riempiono l’anima e la testa e magari anche lo stomaco. Per fare ciò serve tuttavia un’infrastruttura non solo fisica ma anche comunicativa che possa supportare e accompagnare il cliente nell’esperienza. Qui è entrata in gioco, devo dire in modo assolutamente naturale, DINAclub con la rete di strutture e punti di ricarica che sono allo stesso tempo punti-tappa per i viaggi dei nostri clienti.
- Con quale criterio, stagione dopo stagione, si vanno a cercare nuove zone, espandendo il comprensorio?
Avviene in modo naturale, sempre più Comuni e territori comprendono l’importanza del turismo outdoor, così come i loro operatori desiderano attivare concretamente destagionalizzazione e differenziazione. Chi dice che un bagno marino deve lavorare solo con i bagnanti? O un ristorante dell’entroterra solo nel weekend? Ecco, lo sviluppo è organico, basato anche sulle peculiarità di ogni luogo, comunità e territorio. A volte sono gli operatori stessi che ci chiedono supporto per sviluppare prodotti ed esperienze, andando di fatto ad arricchire costantemente l’offerta comprensoriale.
- Come si fa a fare sistema con i vari attori del territorio? Quanto è importante questo aspetto per un progetto come FOR?
Si deve ragionare per obiettivi. Obiettivi comuni. Serve fare squadra ed imparare, ispirandosi, a quelli più bravi di noi. Mettere via gelosie da “erba del vicino” ma, al contrario, fare della forza del nostro vicino, la base del nostro successo. Ci sono generazioni che ormai vivono, sin dal momento che si sono affacciate nel mondo del lavoro, di Outdoor. Sta a loro indicarci la strada e a noi dargli il supporto e gli strumenti per raggiungere gli obiettivi ed il bene della nostra comunità.
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