L’ex campione di mountain bike Marco Aurelio Fontana, medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Londra 2012 nel cross country e oggi ambassador del Team Scott nel mondo off-road, racconta il suo passaggio dalla MTB muscolare all’e-MTB. Sensazioni, difficoltà iniziali, gestione della tecnologia e, soprattutto, il piacere della condivisione: ecco cosa significa, per lui, pedalare con l’assistenza elettrica.
Marco Aurelio, che sensazione hai provato la prima volta che sei salito su un’e-bike?
«È stata una sensazione bellissima, perché mi è sembrato semplicemente di fare un giro in bici. Le e-bike, già qualche anno fa, erano fantastiche e oggi lo sono ancora di più. La cosa bella è che ti basta casco, scarpini e guanti per goderti un’uscita vera e propria. Alla fine ti rendi conto che sì, il motore ti aiuta in salita o in qualche passaggio, ma l’esperienza resta molto equilibrata. Con l’assistenza al massimo l’aiuto si sente, certo, ma rimane sempre un giro in bici, non in moto: se non pedali, la bici non si muove».
Quando parli di “un giro in bici”, intendi dire che la sensazione è più vicina alla muscolare di quanto si pensi oppure che hai vissuto l’uscita senza troppi pensieri?
«Entrambe le cose: sia la leggerezza mentale e lo svago, sia il fatto che resta un’attività molto simile alla muscolare. Se uno viene dal cross country, abituato a bici super leggere da 10 kg, all’inizio può sentirsi spiazzato davanti a un mezzo da 20 kg. Ma chi è abituato a bici da downhill o enduro, già più pesanti, non noterà grandi differenze in termini di guidabilità. Io, ad esempio, ho una muscolare da enduro e una e-bike light con motore leggero: tra le due ci sono solo tre chili di differenza e la guida è molto simile. L’assistenza rende la salita più agevole, ma la sensazione rimane quella di pedalare».
Passare a un’e-bike significa anche confrontarsi con batterie, display e sensori. Come ti sei trovato?
«Oggi è tutto molto più semplice. Carichi la bici, il display, il cambio, senza doverci pensare troppo. L’unica vera attenzione riguarda l’autonomia: quanta batteria ho? Finirò il giro? Devo ricaricare? È questo il punto cruciale della bici elettrica. Ma non è un problema: ormai siamo abituati all’elettronica anche sulle muscolari, dai cambi alle sospensioni, fino ai vari device. Con l’esperienza impari a gestire meglio i livelli di potenza e capisci fino a dove puoi arrivare. Io, per esempio, tengo il livello basso, intorno al 15%: mi serve solo a compensare il peso della bici, e so che così riesco a fare 1.500 metri di dislivello».E sul piano della socialità e delle uscite di gruppo, l’e-bike cambia qualcosa rispetto alla muscolare?
«Tantissimo. L’e-bike, un po’ come la gravel, è la bici che più ti permette di condividere. Con la mountain bike muscolare i livelli tra le persone sono troppo diversi: a meno di far parte di un gruppo molto affiatato, ci sarà sempre chi si annoia e chi si stanca di più. Con le e-bike, invece, un gruppo di dieci amici, con età, pesi e preparazioni diverse, può fare lo stesso giro e divertirsi allo stesso modo. Nessuno resta indietro. È una delle ragioni che hanno spinto maggiormente lo sviluppo del mercato: la facilità di pedalare insieme agli altri».


Commenti
Inizia la discussione.